mercoledì 1 maggio 2019

[Le belle sorprese] Getenrou

Poco più di un anno fa, il noto editore bolognese Dynit, fino a quel momento attivo principalmente nel mondo anime home video, sorprese tutti annunciando una nuova collana manga, intitolata Showcase e curata dalla bravissima traduttrice ed esperta del settore Asuka Ozumi (non la ringrazierò mai abbastanza), che avrebbe visto nel corso dei mesi la pubblicazione di opere e autori molto interessanti e fino a quel momento poco considerati, se non ignorati, dagli altri editori per il loro essere di nicchia. Pur con qualche polemica, dovuta principalmente alle caratteristiche fisiche e al rapporto qualità-prezzo delle sue edizioni, tale collana si è guadagnata sin da subito il favore di numerosi appassionati incluso il sottoscritto (possiedo un buon 90% di tutti i volumi pubblicati finora). E se ricordate, ho commentato brevemente alcune delle prime uscite Showcase in questo post.

Ebbene, sono qui per parlarvi di quello che, per i miei gusti da lettore, ritengo ora come ora il miglior manga di questa collana, con buona pace di lavori notevoli come Helter Skelter e L'ultimo volo della farfalla. E' un volume unico, il suo titolo è Getenrou (外天楼, in originale), ed è scritto e disegnato da Masakazu Ishiguro. E' stato pubblicato in patria da Kodansha nel 2011 mentre in Italia è arrivato lo scorso marzo.

Ishiguro (classe 1977) è un autore sfortunato nel nostro paese, in quanto la sua prima opera pubblicata all'epoca da GP Manga, Eppur la città si muove, è attualmente interrotta al 3° volume su 16 totali, e non vi sono ancora piani di ripresa/ristampa da parte di J-Pop Manga, l'editore che ha assorbito GP e il suo catalogo qualche anno fa. Un plauso va dunque a Dynit per aver deciso di portare questo suo nuovo lavoro e far così riscoprire (o scoprire, nel mio caso) un autore molto in gamba e meritevole. Speriamo che questa pubblicazione ci permetta di vedere altre sue opere nel nostro paese.

Ma andiamo al dunque. La storia del manga è ambientata in un setting fantascientifico, ma futuribile e realistico, dalle evidenti reminescenze asimoviane: i robot infatti sono oramai integrati alla perfezione nella società. Getenrou è il nome di un edificio, un condominio per l'esattezza, nelle cui mura sembrano aggirarsi strani individui. In tutto questo, l'ispettrice della polizia Saeko Sakuraba deve indagare su un caso di omicidio che coinvolge due misteriosi fratelli.

Partendo da queste premesse generiche, l'autore costruisce un fanta-thriller da manuale, e lo fa proponendo storie all'apparenza non collegate fra loro, caratterizzate da una struttura tipicamente slice of life e da un umorismo bizzarro e surreale, geniale e mai scontato, cervellotico senza essere pesante (grazie ai dialoghi scorrevoli e concisi), che in più punti mi ha fatto ridere di gusto. Ne è un esempio la detective dalla fervida immaginazione Sakuraba, il personaggio più riuscito e simpatico del manga.

Andando avanti tuttavia Ishiguro sorprende i lettori collegando piano piano tutte queste storie e aumentando la componente drammatica-riflessiva (non sono pochi i dilemmi di natura etica e sociale sollevati dagli sviluppi della trama), fino a farle magistralmente convergere sul finale in un unico filone narrativo, dando una spiegazione a tutto quello lasciato in sospeso e concludendo le vicende in un modo sorprendente e inaspettato, se non addirittura traumatico.

Ci sarebbero molte altre cose da dire su quest'opera ma dovrei fare necessariamente spoiler, e siccome non voglio rovinarvi nulla o costringervi a saltare un intero paragrafo nel caso non abbiate ancora letto il volume preferisco fermarmi qui. Posso solo dirvi, a conclusione di questo commento, che Getenrou è uno dei fumetti più completi che abbia mai letto, poiché in un solo volume (9 capitoli per la precisione) mescola abilmente commedia e dramma, leggerezza e riflessioni, proponendo una storia appassionante e rimanendo fedele ai principi del manga mainstream. Lo stile di disegno dell'autore è infatti semplice, pulito ed efficace, brilla nella caratterizzazione e nelle espressioni dei personaggi, e permette al lettore di concentrarsi su quello che viene narrato senza alcuna distrazione.

L'edizione italiana è la solita Dynit Showcase: grande formato (16,5x24), non necessario per lo stile di disegno minimale; carta con trasparenze più o meno evidenti a seconda di ciò che viene raffigurato, per fortuna mai eccessive; prezzo (16,90 €) in linea con le altre uscite.

Ah per la cronaca, questo volume è stato recensito anche dal mitico Yue Lung, trovate il suo commento a questo link. Se questo post non vi ha ancora pienamente convinto a recuperarlo, o semplicemente vi va di leggere un parere scritto da una persona molto più competente e acculturata del sottoscritto, dategli un'occhiata 😉

9/10

domenica 10 marzo 2019

[Ma l'ho letto davvero?] Il Pene del Senpai

Quella che state per leggere è una recensione improvvisa, assolutamente non pianificata, che ho sentito il bisogno di scrivere per promuovere un lavoro molto valido, sul quale avevo già raccolto qualche parere positivo, e che a dispetto del titolo volutamente provocatorio e per questo fraintendibile, si è rivelato davvero divertente e anche inaspettatamente profondo.

Il Pene del Senpai, adattamento italiano del titolo originale それはただの先輩のチンコ (Sore wa tada no senpai no chinko, lett. "E' solo il pene del senpai", che è anche il titolo del primo racconto di questa raccolta), è un manga scritto e disegnato da Youichi Abe fra il 2017 e il 2018 e pubblicato dall'editore Ohta Shuppan. Annunciato da J-Pop sulle pagine del noto catalogo Direct a inizio 2019 (se la memoria non mi inganna), è stato pubblicato sul suolo italico lo scorso 6 marzo in un volume unico di formato 12,4 x 18 cm caratterizzato dalla solita, ottima qualità  di stampa dell'editore, e al prezzo di 7,50 € per 185 pagine.

Il volume in questione contiene 8 racconti, più un breve extra finale, ambientati in un mondo quasi identico al nostro se non fosse per una piccola, leggerissima differenza: in questa bizzarra versione del pianeta Terra i peni, una volta separati dal corpo del loro proprietario con l'utilizzo di quella che è a tutti gli effetti una ghigliottina posta strategicamente all'interno di un orinatoio pubblico, continuano a vivere di vita propria come un piccolo animaletto mentre al povero malcapitato ne ricresce, prima o poi, uno nuovo. No, non avete il cervello in pappa ed il sottoscritto non ha assunto droghe pesanti, avete letto bene ^^ Ciascun racconto segue le vicende di una ragazza liceale che, per un motivo o per un altro, spinta dai propri desideri si ritrova ad aver a che fare con questi "peni domestici".

L'autore non è proprio uno a posto con la testa (chissà, forse al suo interno c'è proprio un pene, meglio non indagare) e non so come diavolo gli sia venuta in mente una trovata del genere, che non so voi ma per me è sufficiente a classificare il setting di questo manga come distopico, fatto sta che sviluppandola in maniera credibile e coerente con le strampalate basi di partenza ha prodotto una piacevolissima commedia surreale/demenziale sugli eccessi dell'amore. Da questo punto di vista mi ha ricordato molto lo stile di Shintaro Kago (altro folle autore che adoro, e di cui spero di parlarvi prima o poi), ovvero il portare all'eccesso una premessa completamente fuori di testa e svilupparla in maniera "logica" per destrutturarla. In questo caso, in mezzo alla verve dissacrante e ad alcune vignette che sono da antologia, vengono fuori alcune riflessioni niente male sul significato del vero amore e sulla comprensione reciproca fra uomini e donne. Può un vibratore, se prende coscienza di sé stesso, diventare un pene a tutti gli effetti o rimarrà sempre e solo una scialba copia? Se una donna potesse provare anche solo per un giorno l'esperienza di avere un pene come organo genitale, giungerebbe ad una miglior cognizione dell'altro sesso? Questi sono solo due esempi delle domande a cui il manga cerca di rispondere.

(no davvero, perdonate il piccolo spoiler ma quello del vibratore è semplicemente geniale, ho letto il capitolo con un sorriso da ebete stampato sul volto ahahah)

Insomma se non avete pregiudizi sull'argomento e vi piace questo tipo di comicità è stra-consigliato, in caso contrario (soprattutto se vi scandalizzate per poco) potrebbe non fare per voi. Tranquillizzo però gli scettici precisando che l'opera in questione non è né un ecchi né un hentai, almeno secondo il significato con cui questi due termini sono oramai conosciuti nel fandom di anime e manga. Non è un ecchi perché non ci sono concessioni becere e frivole al fanservice, e perché la componente sessuale è parte integrante della trama dei singoli racconti. Non è un hentai perché non ci sono atti espliciti e la stessa rappresentazione degli organi genitali maschili è innocua ed innocente (se guardate qualche tavola capirete). Riassumendo, non è mai un manga osceno o volgare fine a se stesso.


Voto: 8/10


domenica 20 gennaio 2019

[Perché non se lo fila nessuno?] Thunderbolt Fantasy

Il mio poster preferito della prima stagione.
Anche se oramai abbiamo abbondantemente superato la metà di gennaio... Buon 2019 lettori e passeggeri della nave del vostro Ammiraglio! Dodici mesi fa proprio in questi giorni il blog esordiva con la recensione di Devilman Crybaby, ed anche questa nuova annata si merita una partenza col botto. Vi parlerò infatti di una delle opere di animazione giapponese più particolari, fuori dai canoni e innovative degli ultimi anni, una serie di estrema nicchia anche fra gli appassionati, che è diventata in breve tempo una delle mie preferite di sempre e che si candida senza se e senza ma fra le migliori del decennio. Il suo nome è semplice, potente ed immediato: Thunderbolt Fantasy. E visto che sicuramente avete già dato un'occhiata alle immagini/gif/video presenti in questa pagina, meglio rivelarlo subito: è animata con le marionette!

Vorrei parlarvi subito di tutte le ragioni che rendono questa serie un'assoluta figata, ma ahimè le classiche informazioni di rito sono in questo caso più che mai necessarie. Thunderbolt Fantasy nasce nel 2016 come collaborazione fra le aziende giapponesi Nitroplus e Good Smile Company e la taiwanese Pili International Multimedia, specializzata nella produzione di opere animate con marionette tradizionali (vi basti pensare che il suo show di punta va avanti ininterrotto in patria dal 1985). Come se questo bizzarro e memorabile incontro non bastasse, il creatore e sceneggiatore della serie è un nome molto noto nel fandom anime, Gen Urobuchi, e dulcis in fundo il compositore della colonna sonora è Hiroyuki Sawano, fra i più rinomati del settore e che tutti conoscono per l'OST dell'anime de L'Attacco dei Giganti. Attualmente Thunderbolt Fantasy consta di  una serie televisiva con due stagioni di 13 episodi ciascuna (con una terza annunciata), un film, due manga e una light novel, ed è sui primi due che mi focalizzerò in questa recensione. A quanto mi risulta, nessuna di queste opere è licenziata per il nostro mercato o disponibile con sottotitoli in italiano. Se masticate almeno l'inglese, potete trovare le due stagioni della serie TV ed il film sul sito di streaming Crunchyroll sottotitolati in tale lingua.

Gen Urobuchi (a sinistra), sembra che si stia divertendo ahahah.
Chi è Gen Urobuchi? Per quei (spero pochi) che non lo conoscono, è uno dei più noti scrittori giapponesi di anime e light/visual novels. I suoi lavori sono caratterizzati da toni cupi, temi nichilistici e numerosi colpi di scena spesso tragici, è infatti uno che non si fa problemi ad ammazzare senza riserve più di un personaggio, anche principale, nelle sue storie. Fra le sue opere più celebri ed importanti ci sono Psycho Pass (prima stagione), Fate/Zero e quello che molti considerano il suo capolavoro ed emblema del suo stile, Puella Magi Madoka Magica. Per quanto la sua carriera non sia esente da qualche fiasco è senza dubbio un autore di alto livello, versatile ed abile a scrivere storie e personaggi memorabili, e che con Thunderbolt Fantasy sta vivendo una sorta di "seconda giovinezza" (a breve capirete perché).

I due protagonisti indiscussi di questa serie.
La trama di questa serie è talmente semplice e lineare che è quasi superfluo menzionarla, in quanto puro e semplice pretesto per mettere in scena gli spettacolari combattimenti e le interazioni fra i vari personaggi. Ambientata in un setting fantasy dai tratti orientaleggianti, la prima stagione di Thunderbolt Fantasy ci racconta dei due guardiani di una potente spada e di un malvagio clan, comandato da un ancor più malvagio individuo, che cerca di impossessarsene. Il loro cammino si incrocerà con quello dei due assoluti protagonisti di questo show, uno spadaccino errante ed un misterioso ladro, che diventeranno i loro alleati nella lotta contro il villain di turno. Se vi state chiedendo come si chiamano questi personaggi sappiate che ho deciso di risparmiarvi per pietà il loro nome, ed il motivo è molto semplice: il nome ufficiale di tutti i personaggi è in cinese, e leggerli di seguito a breve distanza l'uno dall'altro diventa a tutti gli effetti uno scioglilingua impronunciabile ^_^ Per non parlare del fatto che tuttora me ne ricordo solo tre o quattro (e dire che il cinese l'ho pure studiato qualche anno fa...).

Non ci sono parole per descrivere questa meraviglia!
Cosa rende così speciale questa serie? Direi senza alcun dubbio la tecnica d'animazione con cui è realizzata, e già qui sorge un interrogativo importante che voglio chiarire subito. Può Thunderbolt Fantasy essere considerato a tutti gli effetti un anime? Dopotutto è realizzato con le marionette, e per giunta da uno studio di produzione taiwanese. La mia risposta a questa domanda è, senza alcuna esitazione: SI! Se c'è una cosa che, da quando seguo questo mondo con più costanza e attenzione, ho sempre contestato alla definizione di "anime giapponese" è la sua mancanza di elasticità, perché viene (a mio parere impropriamente) utilizzata solo per le opere animate da disegni bidimensionali in movimento, quando in realtà il termine ha avuto origine come la contrazione del più generico animēshon (traslitterazione giapponese della parola inglese animation) e dunque abbraccia qualsiasi tipo di opera animata. Poiché altri tipi di animazione come quella in computer grafica 3D sono stati sdoganati da anni nel settore, ritengo giusto che anche Thunderbolt Fantasy (assieme ad altre future opere simili) rientri a pieno titolo nella categoria.

Da qui non si capisce bene, ma ci sono anche strumenti musicali parlanti.
Questo per quanto riguarda la tecnica. Ma anche per quanto riguarda la sostanza questa serie è al 100% pura animazione giapponese, e ciò lo si deve alla mente geniale del suo mattatore indiscusso, il già citato Gen Urobuchi. Che qui, libero dai vincoli e dalle restrizioni che caratterizzano molte recenti produzioni del panorama anime, ha avuto la possibilità di sbizzarrirsi a suo piacimento e grazie a questo è riuscito a tirare fuori dal cilindro un'opera eccezionale, un vero e proprio omaggio al wuxia (genere letterario cinese incentrato sulle arti marziali) caratterizzato da una storia fresca, divertente e appassionante, personaggi memorabili ed un comparto tecnico (fra animazioni, doppiaggio e musiche) straordinario. Mi rendo perfettamente conto che la presenza delle marionette potrebbe costituire un ostacolo per molti di voi, vuoi per il non essersi mai approcciati ad opere simili, vuoi per lo scetticismo o vuoi semplicemente per il considerarle creepy (ipotesi più probabile 😂), ma vi garantisco che un tentativo bisogna farlo perché questa tecnica d'animazione rende a meraviglia, soprattutto nelle numerosissime scene d'azione che, abbinate alle gasanti musiche di Sawano e ad un utilizzo molto saggio e moderato di effetti in CG, sono a dir poco spettacolari. I personaggi poi sono il secondo asso nella manica di questa serie, non hanno chissà quale spessore ma sono carismatici, sopra le righe e caratterizzati da alcuni dei dialoghi più sboroni che mi sia capitato di vedere in un anime giapponese. Immaginatevi come se ogni personaggio nel 90% dei casi pronunciasse le sue battute come se fosse sul punto di lanciarsi verso un ultimo, fatale combattimento: ecco, è il modo migliore che ho per descrivervi questa caratteristica. Un ultimo appunto: le animazioni dei corpi e lo splendido lavoro del magnifico cast di doppiatori (nella prima stagione abbiamo il top dei seiyuu attualmente in circolazione) compensano alla perfezione la staticità fisiologica delle espressioni facciali dei personaggi, che dunque risultano espressivi al pari di un equivalente animato con tecniche 2D o 3D.


Poster della seconda stagione.
Tutto questo rende la prima stagione televisiva di Thunderbolt Fantasy una delle opere audiovisive che, per i miei gusti ed il mio metro di giudizio, più si è avvicinata alla perfezione negli ultimi anni, tanto da meritarsi (lo so che siete già andati a sbirciare 😉) il massimo dei voti. Anche la seconda stagione conferma tutti i pregi e si mantiene su livelli altissimi, ma è inferiore alla prima per alcuni motivi: la mancanza dell'effetto novità, il cast ridotto di personaggi ed il nuovo villain che non mi ha convinto appieno. Abbiamo infine il film, che è senza dubbio l'opera peggiore di questo trio per una semplice ragione. Più che un film si tratta infatti di due mediometraggi consecutivi (di circa 30-40 minuti l'uno) che non hanno alcuna relazione fra loro. Il primo è un prequel della prima stagione, mentre il secondo si colloca fra le due serie televisive e costituisce una sorta di recap, narrato con un pretesto abbastanza originale, della prima. Nessuna delle due parti riesce a spiccare, ed insieme arrivano solo alla sufficienza.

Arrivati alla fine di questo ennesimo lungo post (contrariamente ai miei propositi di quello precedente ^_^ ) non posso che ringraziarvi ed esortarvi a dare una possibilità a quest'opera che è fra le più rivoluzionarie a mio parere del panorama anime giapponese recente, soprattutto se siete fra quelli che criticano la poca varietà delle produzioni mainstream. Gli ostacoli come avete capito sono tanti e per molti potenzialmente insormontabili: le marionette, l'assenza di una traduzione in italiano,... Ma mai come in questo caso la ricompensa vale il sacrificio. Dal canto mio, l'hype per la terza stagione è a mille già adesso!

Voto alla prima stagione: 10/10
Voto alla seconda stagione: 9,5/10
Voto al film: 6/10





Concludo il post lasciandovi il link a ben 5 video di making of del film Seishi Ikken pubblicati un anno fa sul canale YouTube della Good Smile Company. Se siete interessati a vedere come viene realizzato questo show, e presumo che arrivati in fondo a questo post la probabilità sia molto elevata, fanno proprio al caso vostro 😃 Purtroppo sono solo in giapponese (ed è meglio lasciar perdere i sottotitoli con la traduzione automatica XD ) ma per avere un'idea delle tecniche utilizzate la parte video è più che sufficiente.

martedì 25 dicembre 2018

[E i marò?] La Torre Fantasma

Copertina del primo volume italiano.
Salve a tutti passeggeri della nave del vostro Ammiraglio! Se siete arrivati a leggere queste righe e avete capito il significato del tag nel titolo del post beh, vi faccio i complimenti ma anche le condoglianze, perché quasi sicuramente significa che, come il sottoscritto, anche la vostra testa non è così a posto per capire una battuta del genere XD

Ehm... tornando seri, oggi finalmente riesco a parlarvi (in extremis visto che siamo a fine anno) di un manga molto particolare e stravagante, con alcuni difetti ma meritevole di lettura, anticipato al termine del precedente post su I Fiori del Male di Shūzō Oshimi oramai quattro mesi fa. Mi riferisco a La Torre Fantasma di Tarō Nogizaka. Adattamento italiano del titolo originale 幽麗塔 (Yūreitō), La Torre Fantasma è un seinen manga scritto e disegnato dall'autore sulla rivista Big Comic Superior dell'editore giapponese Shogakukan dal 2010 al 2014, e raccolto in 9 volumi tankōbon. Il manga è stato annunciato per il mercato italiano dall'editore Planet Manga che ha pubblicato i nove volumi a cadenza bimestrale in un'edizione da edicola senza infamia e senza lode (prezzo 4,50 € cadauno) da marzo 2016 a luglio 2017.

Ecco a voi Tetsuo!
Chi è Tarō Nogizaka? Come accade oramai per molti autori e autrici giapponesi, non si riescono a trovare molte informazioni in rete su di lui, personalmente sono riuscito a recuperare solo una sua foto (neanche troppo definita) e la sua data di nascita, nell'anno 1968 a Nanao, prefettura di Ishikawa. Il suo debutto nel mondo dei manga avviene nel 2002 con i disegni di Team Medical Dragon (su testi di Akira Nagai), un'opera molto interessante sulle mancanze e le inefficienze del sistema sanitario giapponese che purtroppo nel nostro paese non ha avuto fortuna, in quanto interrotta dall'editore Planeta DeAgostini al 4° volume (su 25 totali) oramai molti anni fa. Qualora un altro editore nostrano, magari proprio la Planet, dovesse riprendere a pubblicarla in futuro la recupererei al volo! Sempre l'etichetta manga del marchio Panini Comics ha iniziato a pubblicare proprio di recente anche l'ultima opera conclusa in patria dell'autore, Gideon of the 3rd, ambientata all'epoca della rivoluzione francese, di cui ho già comprato, letto ed apprezzato i primi due volumi. Tarō Nogizaka è entrato di diritto fra i miei autori manga preferiti, per motivi che vi saranno chiari andando avanti nella lettura di questo post, e ho deciso che comprerò ad occhi chiusi qualsiasi sua opera dovessero portare in Italia nei prossimi anni.

Chi sarà mai il tizio con la maschera ed il coltello?
Ma torniamo a La Torre Fantasma. La genesi, o meglio le ispirazioni di quest'opera sono alquanto particolari e meritano un breve cenno. Tutti i volumi dell'edizione italiana recitano sulla copertina, nel riquadro nel titolo, la scritta Tratto da La Torre Fantasma di Ruiko Kuroiwa. Documentandomi un po', ho scoperto che questo Ruiko Kuroiwa è stato un giornalista e scrittore giapponese che nel 1901 ha tradotto e adattato il romanzo mystery A Woman in Grey (1898) della scrittrice anglo-americana Alice Muriel Williamson proprio con il titolo Yūrei tō. Tale opera riceverà un altro adattamento in lingua giapponese nel 1937 da Ranpo Edogawa, noto scrittore e critico a cui si attribuisce la nascita della letteratura mystery/investigativa nipponica.

Le premesse della trama de La Torre Fantasma sono molto semplici, quasi basilari per il genere. Siamo a Kobe nel 1954, in piena epoca Shōwa. Taichi Amano è un giovane solitario, squattrinato e di poche speranze che si diletta a sperperare i suoi miseri guadagni in riviste Kasutori (pubblicazioni dedicate a temi grotteschi ed erotici che andavano in voga nel periodo, ndr). Un giorno riceve un'offerta da parte di Tetsuo, un giovane misterioso e di bell'aspetto, che lo vuole come partner nella ricerca di un ricchissimo tesoro che si dice essere nascosto nella torre dell'orologio della città, soprannominata "La Torre Fantasma" in quanto luogo di un brutale assassinio avvenuto qualche anno prima. Amano, allettato dalle prospettive di ricchezza ma anche costretto da un incendio "improvviso" che lo priva dell'appartamento dove si trovava in affitto, accetta e parte così l'avventura dei due protagonisti alla ricerca di questo tesoro, che si rivelerà tutto tranne che priva di ostacoli ed imprevisti, perché i due giovani non sono gli unici interessati. L'inquietante Marube, pubblico ministero e nuovo proprietario dell'edificio della torre, e la stessa polizia sembrano aver preso di mira il bottino e le loro mosse generano ben più di qualche sospetto.

La torre dell'orologio di Kobe.
Seguendo questo incipit, nel primo volume l'autore è veramente bravo a introdurre il lettore nell'atmosfera del periodo (ben riprodotto a livello grafico) e a presentargli la storia e i personaggi, assieme ovviamente ai numerosi e accattivanti misteri. Già dal secondo volume iniziano però le particolarità di questa serie. Cercando di limitare al minimo gli spoiler, in alcuni volumi de La Torre Fantasma Tarō Nogizaka sembra quasi "dimenticarsi" della trama principale e getta i due protagonisti in alcune storie a tutti gli effetti filler, che aggiungono poco o nulla alla risoluzione del mistero della torre e sono collegate solo alla lontana con esso. Molti di voi penseranno che ciò vada a scapito di quest'ultimo, ma sono qui a smentirvi perché per quanto mi riguarda queste storie secondarie oltre ad essere ben scritte e interessanti servono a portare avanti la caratterizzazione del rapporto fra Tetsuo, Amano ed il cast di contorno. Inoltre l'autore non si dimentica per nulla della trama principale ed anzi la sviluppa molto bene, in maniera appassionante e con molti plot twist inaspettati. Il suo apice è collocato nei volumi 6-8 che sono i più adrenalinici e scorrevoli, grazie anche all'introduzione di elementi survival. Non è esente da difetti e forzature, ma per quanto riguarda il capitolo storia La Torre Fantasma è promosso a pieni voti.

L'espressività dei personaggi è ottima.
Quello che rende veramente particolare la trama di quest'opera, e la differenzia dagli altri esponenti del genere, è l'approfondimento di un tema alquanto inaspettato: la sessualità. Anche qui vorrei dirvi parecchie cose, ma analizzare nel dettaglio l'argomento significherebbe dover per forza fare spoiler e questo andrebbe a discapito del vostro godimento della serie. Mi limito quindi a rivelarvi che molti personaggi de La Torre Fantasma presentano un lato "queer" (termine che significa bizzarro, eccentrico ndr) che verrà a galla durante gli eventi della trama, spesso fungendo anche da motore per quelli successivi. Le tematiche ed i sentimenti che vengono affrontati sono davvero delicati e per nulla banali e l'autore riesce a presentarli in una maniera che ho trovato a dir poco azzeccata, con una morbosità mai eccessiva, amalgamandoli perfettamente nella storia, perché il rischio di cadere nella spazzatura e nei facili sentimentalismi era molto elevato. Questo manga diventa infatti un vero e proprio inno alla diversità ed una coinvolgente analisi del tema dell'identità sessuale innestati nella struttura portante di un action-mystery in piena regola. Non tutti potrebbero apprezzare questo lato più stravagante della serie, trovandolo addirittura  fuori luogo e repellente, e posso anche capirlo, ma a mio parere si tratta di una delle caratteristiche che rende quest'opera meritevole di essere scoperta e letta.

Imparerete ad amare questo trio!
I personaggi sono un altro aspetto riuscitissimo del manga, perché nessuno di loro nel corso della storia si rivela essere per quello che appare inizialmente. Non solo: quasi tutti, anche i più insospettabili, possiedono un lato "marcio" del loro carattere (aspetto che, come sapete, adoro tantissimo se ben approfondito) che verrà a galla più volte nel corso della storia, sia volontariamente che involontariamente perché costretti dalla piega che prendono gli eventi. La coppia di protagonisti, Amano e Tetsuo, è a mio parere una delle più riuscite che abbia mai incontrato in un manga: i loro scambi di battute sono appassionanti e ben scritti, la loro caratterizzazione è complementare (ma non senza qualche sorpresa) ed è molto facile arrivare a provare empatia nei loro confronti e a tifare per la loro vittoria durante la ricerca del tesoro. Amano è molto di più del giovanotto ingenuo e facilmente manipolabile che potrebbe sembrare nei primi capitoli, mentre Tetsuo è un personaggio molto enigmatico e affascinante, che riserverà molte sorprese e che diventa a tutti gli effetti il vero punto di forza di questa serie. Ma anche il cast dei personaggi di contorno è molto vario e sfaccettato: degni di menzione sono il detective Yamashina e il pubblico ministero Marube, in molti punti quasi co-protagonisti, con il secondo che è tutto fuorché un villain banale e stereotipato.

Bell'illustrazione, ma si nota troppo la CG.
Anche lo stile di disegno di Tarō Nogizaka è una nota distintiva del manga. Particolare e immediatamente riconoscibile, abbastanza lontano dal canone tipico del manga moderno, con un utilizzo massiccio dei retini e dei chiaro-scuri (mantenuto anche in Gideon of the 3rd) che rende molto dark le sue tavole, e con un numero di vignette per pagina superiore alla media, si adatta benissimo all'atmosfera mystery e all'ambientazione storica della serie, come ho già detto riprodotta con molta cura e dovizia di particolari. Il character design dei personaggi li rende perfettamente distinguibili ed espressivi, anche se spesso (soprattutto nei primi volumi) la qualità di alcuni volti non è proprio la migliore possibile e stona parecchio con quella di altri meglio rappresentati. Altre due cose che non ho apprezzato del tutto sono l'utilizzo di sfondi in CG abbastanza evidenti (per esempio con gli ingranaggi e i meccanismi della torre dell'orologio) ma per fortuna ridotti, e una certa artificiosità in alcune illustrazioni (tipo quelle a inizio capitolo) dovuta ai riflessi di luce e alle forme rotondeggianti, che fa sembrare i personaggi delle bambole.

Insomma, con questo (al solito) lungo post spero di avervi dato una bella panoramica su questo titolo e di aver riassunto al meglio i suoi pregi e soprattutto i suoi difetti, che potrebbero allontanare molti potenziali lettori anche interessati al genere, ma che almeno nel mio caso non gli hanno impedito di fargli occupare un posto d'onore fra i miei seinen preferiti degli ultimi anni, e a farmi scoprire un autore interessante e molto in gamba di cui terrò d'occhio ogni nuova opera d'ora in avanti. Anche perché, come avete capito, molti di questi potenziali difetti come il lato più queer di storia e personaggi li reputo a tutti gli effetti delle caratteristiche.

Attendo con ansia il seguito dell'opera, Girone Fantasma ... ... ... ok adesso la smetto per davvero XD

Voto: 8/10



P.S:
La Torre Fantasma è stato recensito anche dalla mia amica blogger Hana Hanabi, qui trovate il link al suo post. Se vi interessa il punto di vista di una vera appassionata di romanzi gialli e letteratura mystery dategli un'occhiata 😃


P.P.S:
alcuni di voi avranno notato che negli ultimi due post (incluso questo) non ho messo in fondo l'anteprima del contenuto di quello successivo. Non si tratta di una doppia dimenticanza, ma di una cosa voluta dal sottoscritto, che ha deciso di abolire questa consuetudine in quanto si è rivelata più limitante del previsto. A causa dell'elevato numero di opere che leggo/seguo spesso mi ritrovo a voler parlare di qualcosa che inizialmente non avevo previsto, ed aggiungendo a questo fattore anche il tempo sempre più limitato che riesco a dedicare al blog, ho deciso che d'ora in avanti non seguirò più nessuna programmazione, gli argomenti scelti non saranno più anticipati in alcun modo ed i relativi post con la recensione saranno pubblicati solo quando saranno pronti. Inoltre nel 2019 i miei post saranno in media più corti e scorrevoli, e per questo più numerosi. Come molti di voi avranno notato faccio abbastanza fatica a non parlare nella maniera più completa possibile di un'opera che ho apprezzato, perché cerco sempre di analizzarla in ogni suo parametro (storia, personaggi, temi, disegni, etc.). Ma dopo averci pensato bene ho deciso che forse è meglio dare la priorità al numero di opere di cui parlare piuttosto che sulla loro trattazione. Aspettatevi comunque qualche post mediamente lungo, e ambizioso, dove cercherò di approfondire alcuni autori manga che mi stanno particolarmente "a cuore" (le virgolette sono volute ahahah). Qui si che vi anticipo due nomi: Naoki Urasawa e Kazuo Kamimura 😎

domenica 21 ottobre 2018

[Siamo fatt... ah no, aspetta] Cells at Work!

Cover del terzo volume giapponese
Se come il sottoscritto siete nati nei primi anni '90 o giù di lì, e quindi appartenete di diritto a quella generazione, penso sia quasi impossibile che da bambini non abbiate mai visto almeno un episodio di Siamo fatti così o Esplorando il corpo umano se fate riferimento alla titolazione DeAgostini (anzi magari siete fra quelli che hanno collezionato la serie in  VHS o DVD in una delle sue millemila riproposte in edicola). Massì che ce l'avete presente, vi ricordate quel cartone animato educativo di produzione francese, andato in onda sul finire degli anni '80, dove la struttura e le funzioni del corpo umano erano spiegati attraverso l'antropomorfizzazione delle cellule e di tutti gli altri componenti microscopici del nostro organismo? Esatto, proprio quello lì, che ha ispirato di sicuro un'intera generazione di medici e biologi (nel mio caso non è andata così, ma chi se ne frega direte voi). Ecco, con questo post voglio dirvi che qualche anno fa una giovane mangaka giapponese ha ripreso questa idea e ne ha realizzato un fumetto molto particolare e divertente, del quale vi voglio parlare un po' più in dettaglio.

Ma prima le classiche informazioni di rito. Cells at Work! (はたらく細胞 Hataraku saibō, in originale) è un manga shōnen scritto e disegnato da Akane Shimizu e pubblicato da marzo 2015 sulla rivista giapponese Monthly Shōnen Sirius dell'editore Kōdansha. Tuttora in corso di pubblicazione, è stato annunciato per il mercato italiano al Lucca Comics and Games 2017 dall'editore Star Comics che ha iniziato a pubblicarlo in volumi da marzo 2018. Nel momento in cui scrivo questo post siamo arrivati a quota 4 (su 6 usciti in Giappone) e di questi ho letto i primi tre. Una notevole spinta alla fama dell'opera è stata data dall'adattamento animato in 13 episodi uscito nell'estate del 2018 a cura dello studio David Production (gli stessi de Le bizzarre avventure di JoJo, ndr), e licenziato nel nostro paese dall'editore Yamato Video, che lo ha pubblicato sul suo canale Youtube (Yamato Animation) prima in latecast, poiché l'annuncio è avvenuto dopo l'inizio della trasmissione giapponese, e poi in simulcast fino alla sua conclusione.

Il cast del manga al gran completo ^^
Leggendo la sinossi del manga e guardando qualche vignetta o spezzone dell'anime è impossibile, come dicevo, non farsi venire in mente la storica serie Siamo fatti così: anche qui ci troviamo all'interno del corpo umano, i cui organi e componenti vengono raffigurati come gigantesche metropoli industriali, e ci viene raccontato di come le cellule, tutte antropomorfizzate (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine, etc.), ne assicurino quotidianamente i fabbisogni e lo proteggano da malattie e traumi. I paragoni però finiscono qui. Escludendo queste analogie, Cells at Work! è un'opera completamente diversa dal suo "padre spirituale" e non potrebbe essere altrimenti: quello è un cartone educativo indirizzato a un pubblico di bambini, questo invece è uno shōnen manga e quindi fatto apposta per intrattenere un target di adolescenti. Con tutte le caratteristiche, i pregi e i difetti del caso.

Ecco a voi Globulo Bianco!
Cells at Work! è infatti pregno di tutto quello che caratterizza il moderno manga per ragazzi, ed uno dei motivi per cui a mio parere vale la pena leggerlo è scoprire come questi elementi vengono applicati all'originale premessa (almeno per il medium) che sta alla sua base. L'autrice infatti è bravissima a rappresentare le cellule che si vedono nell'opera secondo i canoni dello stile manga contemporaneo, in particolare le caratterizza attraverso espedienti (aspetto, personalità, equipaggiamento etc.) che rispecchiano in tutto e per tutto la loro funzione all'interno del nostro organismo. Esempi: i globuli bianchi sono le forze di polizia deputate come prima linea di difesa contro batteri e organismi estranei, i globuli rossi sono dei corrieri che vanno in giro per il corpo trasportando pacchi contenenti ossigeno ed anidride carbonica, le piastrine sono cellule con l'aspetto di bambini che riparano i danni ai nostri tessuti. Mi fermo qui per non rovinarvi nulla, ma sappiate che da questo punto di vista la serie è semplicemente deliziosa.

L'originalità e la freschezza dell'apparato visivo e del cast di protagonisti compensano alla grande (almeno fino a dove sono arrivato) la ripetitività di fondo della struttura di Cells at Work!, costituita da capitoli isolati che vedono al loro centro, nella maggior parte dei casi, un combattimento fra le cellule e una minaccia esterna o in generale la risoluzione di una situazione critica del nostro organismo. D'altronde, visto l'argomento stesso era improbabile se non impossibile inventarsi una trama orizzontale ^^ Notevole anche l'accuratezza scientifica con la quale i processi fisiologici vengono descritti e adattati all'interno del fumetto, tanto da essersi meritata il plauso di alcuni esperti del settore. Come conseguenza, abbondano le didascalie che spiegano la funzione di questa determinata cellula, lo svolgimento di quel determinato processo, etc. (anche ripetute, per venire incontro alle esigenze del target principale del manga), ma non appesantiscono la lettura e possono essere tranquillamente saltate senza perdere nulla.

Quelli che invece penalizzano davvero l'opera secondo me sono alcuni difetti congeniti legati proprio alla sua natura shōnen, due in particolare: la logorrea dei personaggi, seppur non ai livelli di un qualsiasi manga di Jump, e il comparto grafico spesso confusionario. L'autrice infatti abusa dell'utilizzo di vignette congestionate, strapiene di balloon ed elementi che in molti casi non si riesce a distinguere con chiarezza anche per un utilizzo non proprio sopraffino dei contorni e dei retini (non sono un esperto di disegno ma queste cose oramai le so notare). Resta da vedere infine, come ho anticipato, fino a che punto la serie riuscirà a mantenere questa sua freschezza senza scadere nella noia e nel già visto, mi auguro che l'autrice ed i suoi editori sappiano fermarsi al momento giusto e con un numero di volumi totali non eccessivo.

Per essere un'opera rivolta a un pubblico di ragazzi il sangue è bello abbondante
Passiamo all'anime. Un manga dalla struttura verticale come questo si prestava benissimo ad essere adattato nel medium audio-visivo, e quelli di David Production hanno fatto a mio parere un ottimo lavoro. Se si escludono alcuni tagli e cambiamenti nell'ordine cronologico, non saprei dire se motivati da una particolare scelta, gli episodi altro non sono che la trasposizione 1:1 dei capitoli del fumetto. Il character design è fedelissimo ed in generale il comparto artistico rende giustizia al materiale originale migliorandolo grazie alle animazioni e all'introduzione dei colori, peccato solo che il budget riservato alla realizzazione dell'anime non debba essere stato elevatissimo, lo si nota soprattutto dal riciclo di molte sequenze e dall'utilizzo assiduo di frames statici anche nelle sequenze più concitate. Una lieve nota di demerito va anche al doppiaggio giapponese che, seppur caratterizzato da voci azzeccate, ha il problema di aver reso uno dei protagonisti (l'imbranato Globulo Rosso) più insopportabile di quanto non fosse già su carta ^^' Nel complesso preferisco il manga rispetto all'anime, ma comprendo perfettamente che per molti di voi potrebbe valere l'opposto.

Le piastrine, come si fa a non amarle? 💗
Spero che questa recensione vi abbia messo un minimo di curiosità su Cells at Work!, un manga molto carino e divertente che vi consiglio se quello di cui avete bisogno è un'opera spensierata e leggera, e soprattutto se siete dei nostalgici della vecchia serie Siamo fatti così (al netto delle precisazioni sopra elencate). Concludo la recensione affermando che mi ha fatto molto piacere constatare come l'anime, grazie al simulcast su Youtube (che ritengo assieme a Netflix la miglior piattaforma per la visione di anime in streaming), sia stato visto anche da persone che non seguono abitualmente i prodotti della cultura pop giapponese, ed augurandomi che la Star Comics annunci all'imminente Lucca Comics and Games 2018 gli spin-off del manga perché mi interessano.

Voto al manga: 7,5/10
Voto all'anime: 7/10

venerdì 17 agosto 2018

[Siete tutti insetti di me**a] I Fiori del Male

Cover (meravigliosa) del 10° volume italiano
Ciao a tutti lettori (anzi, passeggeri) della nave del vostro Ammiraglio, oggi finalmente riesco a parlarvi di quello che è uno dei miei manga preferiti in assoluto, scritto e disegnato da uno degli autori che più stimo e apprezzo nel moderno panorama del fumetto giapponese. Un artista che purtroppo, almeno nel nostro paese, è ancora poco conosciuto e spesso ignorato anche fra gli stessi appassionati per il contenuto all'apparenza banale e provocatorio delle sue opere.

L'autore in questione si chiama Shūzō Oshimi (kanji: 修造押見) mentre il fumetto di cui vi voglio parlare, considerato la sua magnum opus, è I fiori del male (kanji: 惡の華; kana: Aku no Hana). Shōnen pubblicato dal 2009 al 2014 in patria sulla rivista Bessatsu Shōnen Magazine di Kōdansha (la stessa dove è tuttora serializzato L'Attacco dei Giganti, ndr) e raccolto in 11 volumi tankōbon, è stato nominato nel 2012 alla quinta edizione del premio Manga Taishō ed ha ricevuto nella primavera del 2013 un adattamento animato in 13 episodi sulla TV giapponese, che coprono poco meno della prima metà della storia, ad opera dello studio Zexcs. In Italia i volumi sono stati pubblicati dall'editore Planet Manga a cadenza mensile da novembre 2013 a febbraio 2015 in un'elegante edizione per sole fumetterie con sovraccoperta, al prezzo di 6,50 € cadauno. L'anime invece è tuttora inedito nel nostro paese, e dubito che verrà mai licenziato. Consiglio spassionato: se volete iniziare a collezionare il manga nell'edizione italiana attendete la ristampa dei volumi 2 e 3, attualmente esauriti e MOLTO rari, promessa dall'editore più di un anno fa e non ancora concretizzata, altrimenti rischiate solo di sprecare i vostri soldi.

Nakamura, imparerete ad amarla e odiarla al tempo stesso
Qualche parola sull'autore mi sembra doverosa affinché possiate comprendere meglio il contenuto dell'opera in questione ed i motivi per cui lo ritengo uno dei migliori mangaka in circolazione. Shūzō Oshimi nasce nel 1981 nella prefettura di Gunma e attualmente risiede a Tokyo, dove lavora soprattutto per l'editore Kōdansha. Ha debuttato nel 2001 con il manga indipendente Superfly e nel corso della sua carriera ha raggiunto la notorietà, oltre che con I fiori del male, grazie ad opere quali Inside Mari e Happiness,  con la prima che è stata trasposta in una serie televisiva live action. I manga di Shūzō Oshimi possono essere accostati per stile, atmosfere e temi a quelli di autori come Inio Asano (se vi piace quest'ultimo, molto probabilmente vi piacerà anche il primo), e sono drammi psicologici aventi come protagonisti quasi sempre degli adolescenti, di solito una coppia ragazzo-ragazza, le cui dinamiche e relazioni vengono sviluppate in maniera poco convenzionale attraverso situazioni ed eventi disturbanti che mettono a disagio il lettore, ma senza mai sfociare nell'horror becero e nel cattivo gusto. Oshimi ama esplorare temi come il raggiungimento della maturità e le perversioni, soprattutto sessuali, dell'età adolescenziale, concentrandosi sia sulla prospettiva maschile sia su quella femminile e sfociando anche nel gender bender come nel già citato Inside Mari (altra opera dell'autore che vi consiglio e recentemente annunciata nel nostro paese da Goen, sigh).

Il povero Kasuga ne subisce di tutti i colori da Nakamura
Tutti temi che ritroviamo appunto in Aku no Hana, opera che ci parla di Takao Kasuga, un normalissimo e timido studente delle scuole medie di una cittadina di campagna della prefettura di Gunma, appassionato di letteratura e in particolare, come suggerisce il titolo, della raccolta di poesie I fiori del male di Charles Baudelaire. Un giorno, a seguito di determinate circostanze, Kasuga ruba impulsivamente la tuta da ginnastica della compagna di classe Nanako Saeki, la ragazza che gli piace e che ritiene la sua musa, da lei dimenticata in aula. Ma il giorno seguente Kasuga scopre di essere stato visto e colto in flagrante durante quel gesto da un'altra sua compagna, Sawa Nakamura, strana, arrogante e solitaria, che da quel momento lo costringe a firmare un "contratto" con lei in cambio del mantenimento del segreto. Questa è solo la premessa di tutta una serie di eventi, messi in moto dal rapporto fra queste due "anime irrequiete", che andranno a segnare indelebilmente la vita di Kasuga e di Nakamura e che coinvolgeranno anche Saeki ed altri personaggi a loro collegati. Tutto per colpa di una tuta da ginnastica che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Saeki, il suo sviluppo saprà sorprendervi, nel bene e nel male
C'è davvero molto da dire su questo manga, si tratta infatti di un lavoro molto più profondo di quello che potrebbe apparire a un primo sguardo, talmente profondo che personalmente mi è impossibile non ritenerlo un capolavoro nel suo genere, quello degli shōnen maturi e psicologici (che non gode di una grande diffusione), e di sicuro una spanna sopra alla media di tutti gli shōnen pubblicati negli ultimi anni. Ho visto molta gente in rete bollarlo come noioso e sopravvalutato, oppure abbandonarlo dopo i primi capitoli perché si tratta della solita solfa, e devo ammettere che anch'io, durante la mia prima lettura, inizialmente lo stavo etichettando come un "banale" shōnen sentimentale, solo più provocatorio e infarcito di citazioni letterarie. Proseguendo, visto che comunque il mio interesse era stato suscitato, mi sono dovuto ricredere e adesso che l'ho riletto tutto in preparazione per la stesura di questo post non posso che confermare l'assoluta validità di questa serie e la sua presenza in pianta stabile, d'ora in avanti, fra le mie preferite di sempre.

Questo inquietante simbolo è ispirato al dipinto di un pittore francese
L'unico modo con il quale posso rendere veramente giustizia al contenuto del manga è attraverso un'analisi dettagliata di tutti i passaggi della trama, perché ogni singolo sviluppo messo in atto dall'autore meriterebbe un approfondimento a sé stante ed è di notevole importanza nella caratterizzazione dei protagonisti. Ma dato che 1) questa è una semplice recensione, 2) non mi piace dilungarmi, 3) dovrei spoilerarvi tutta la storia, cercherò nei limiti del possibile di illustrarvi le ragioni che rendono dal mio punto di vista questa opera grandiosa e degna di essere letta, o almeno provata, da qualsiasi appassionato di manga. Consapevole che mai come in questo caso tutto quello che vi dirò costituisce la punta di un iceberg molto più profondo e imponente, rappresentazione perfetta del grave errore che chiunque commetterebbe se si fermasse solo alla superficie del lavoro di Oshimi.

Kinoshita, forse l'unico personaggio positivo della prima parte
I fiori del male è innanzitutto un racconto di formazione (con qualche elemento autobiografico) suddiviso in due parti fra loro complementari, e avente come protagonista principale Kasuga. Proprio come il tema delle poesie di Baudelaire contenute nella raccolta che dà il titolo alla serie, nei primi sei volumi assistiamo alla discesa di Kasuga nei meandri più cupi e oscuri dell'animo umano, ed in particolare di quel periodo turbolento e irrequieto chiamato adolescenza, a seguito delle vicende innescate dal furto della tuta di Saeki e soprattutto del rapporto con Nakamura, in questa parte protagonista allo stesso livello di Kasuga nonostante gli eventi siano sempre narrati dal punto di vista di quest'ultimo. Nakamura è senza alcun dubbio il personaggio più riuscito del manga: è magnetica, carismatica, anarchica, arrogante, odiosa, isolata da tutti, parla con un linguaggio scurrile (l'espressione "insetti di me**a" che trovate nel tag di questo post viene proprio da lei) e molto semplificato, quasi infantile, che si riflette bene nell'ottima traduzione italiana di Simona Stanzani, e costringerà il povero Kasuga a compiere azioni che mai si sarebbe immaginato prima. E' lei il motore delle vicende di questa prima parte, il fulcro attorno al quale ruoterà lo sviluppo di tutta la storia, e formerà assieme a Kasuga e a Saeki uno "strano trio" i cui rapporti avranno conseguenze non solo su loro stessi ma anche su altri personaggi come Kinoshita, una compagna di classe e amica di Saeki, o i genitori del protagonista.

Il rapporto fra Kasuga e Nakamura non sarà scontato
I primi sei volumi del manga costituiscono l'oscurità, il declino, la caduta del protagonista vittima dei tormenti di Nakamura e delle sue insicurezze adolescenziali. "Dedico questo manga a tutti i ragazzi e a tutte le ragazze che stanno subendo ora la pubertà e le sue torture, e a tutti coloro che ne sono stati vittime in passato" scrive infatti lo stesso autore sulla sovraccoperta di ogni volume del manga. Caduta che viene portata avanti da una sceneggiatura a mio parere impeccabile, che ha nell'utilizzo ridotto di dialoghi (elemento tipico dello stile di Oshimi) e nella loro incisività il suo cavallo di battaglia, e che avrà il suo apice (termine da intendere ovviamente nel senso opposto) in una sequenza dal fortissimo impatto emotivo. E non c'è solo il protagonista: anche molti altri personaggi, come Saeki o la stessa Nakamura, vanno incontro ad uno sviluppo "negativo" che li porterà a compiere gesti discutibili o ad essere messi in cattiva luce sul piano morale. E questo ci porta a quello che ritengo uno dei pregi di questa prima parte del manga: la (quasi) totale assenza di personaggi positivi. Alcuni di voi potrebbero dare poco peso a questo dettaglio, o addirittura ritenerlo un difetto, ma personalmente invece è una cosa che mi manda in brodo di giuggiole visto che adoro le storie dove i confini fra bene e male sono labili o (meglio ancora) non esistono. Insomma, i primi sei volumi de I fiori del male sono un capolavoro nel capolavoro, partono un po' in sordina ma poi ci narrano la parte migliore della storia, sono anarchici, imprevedibili e si leggono tutti d'un fiato, e laddove molti di voi potrebbero ritenere il loro contenuto fin troppo provocatorio, esagerato, o eccessivamente melodrammatico (critiche sensate ma che non condivido), non posso che rispondere che si tratta di una precisa scelta dell'autore in linea con il messaggio che vuole trasmettere. Concludo questo paragrafo con una piccola curiosità: il manga è stato al centro di una critica a causa di due alunne che hanno ammesso di essersi ispirate ad una sequenza di Aku no Hana dopo aver devastato la loro scuola. Più controverso di così! ^^

Tokiwa, il mio personaggio preferito
Della seconda parte, che va dal volume 7 al volume 11, preferisco parlarvi il meno possibile per evitare qualsiasi tipo di spoiler legato al finale della prima. Mi limito a dirvi che le sue premesse sono basate su un espediente molto utilizzato nei manga per ragazzi (hint: ce l'hanno molti battle shōnen famosi XD ), che il protagonista è sempre Kasuga e che, come ho già scritto in precedenza, è del tutto complementare alla prima. Complementare non solo perché conclude la storia, ma soprattutto perché ne è l'esatto opposto in molti aspetti: dove prima c'era l'ombra, adesso c'è la luce; se prima avevamo la caduta, adesso abbiamo la risalita; se la prima parte aveva come tema principale il declino, quello della seconda è la rinascita. In questa fase la storia è più lineare e per certi versi anche prevedibile, ma l'ho apprezzata comunque per il suo contenuto, per i temi trattati e per il modo con cui l'autore è riuscito a chiudere tutti i punti rimasti in sospeso, grazie ad un finale forse scontato ma molto efficace e poetico. In questa parte viene presentato anche quello che, assieme a Nakamura, è il mio personaggio preferito del manga: Aya Tokiwa, una ragazza che incrocerà il cammino di Kasuga e che determinerà una svolta molto importante nella sua vita. L'ho apprezzata molto per il suo carattere e per un particolare dettaglio fisico, che non vi rivelo (no, non è quello che state pensando ^^).

Il manga è pieno di vignette e tavole di grande impatto
A livello grafico, non posso che elogiare il lavoro di Oshimi in questo manga (e in tutte le altre sue opere) perché il suo stile semplice e diretto sembra stato fatto apposta per piacermi. Il tratto non si discosta particolarmente da quello di altri suoi colleghi, perché aderisce in tutto e per tutto ai canoni del manga contemporaneo. Ma quello in cui l'Oshimi disegnatore brilla particolarmente, distinguendosi dalla massa, è in dettagli molto importanti come: le espressioni facciali dei personaggi, potentissime e senza le quali la loro caratterizzazione perderebbe metà dell'efficacia; l'utilizzo delle ombreggiature, dei retini e del chiaroscuro, che contribuisce a rendere disturbanti situazioni all'apparenza tranquille; e soprattutto la sua notevole abilità registica, Oshimi infatti fa un ottimo utilizzo della sequenzialità strutturando le singole vignette di ogni tavola in modo molto cinematografico, questo (assieme all'assenza di didascalie e all'utilizzo misurato, non eccessivo dei dialoghi) rende la lettura de I fiori del male molto scorrevole e mai pesante. Un'altra caratteristica dello stile dell'autore che salta subito all'occhio è la rappresentazione dei personaggi femminili, che in questo caso (ma vale lo stesso per gli altri suoi lavori) si adatta perfettamente alla visione che ha di loro un normale adolescente in piena pubertà: le donne di Oshimi sono infatti sensuali e spesso ritratte in pose provocanti, ma mai in maniera volgare o diretta, facendo affidamento al fan service (praticamente assente), e questo aumenta ancora di più il loro fascino. Non è un caso che l'artbook dell'autore, pubblicato nel 2017 (solo in Giappone), si chiami Femme Fatale.

Nakamura nella sua versione animata (fa uno strano effetto vero?)
Come ho già scritto all'inizio di questo post, I fiori del male ha ricevuto nella primavera del 2013 un adattamento in una serie televisiva animata ad opera dello studio Zexcs. Tale versione, oltre a lasciare in sospeso la storia in quanto i 13 episodi arrivano a poco meno della prima metà, si caratterizza per l'utilizzo della tecnica d'animazione basata sul rotoscopio (se non sapete di cosa sto parlando QUESTO video fa al caso vostro 😃), che impiega molto più tempo rispetto a quella tradizionale e che permette di ottenere figure umane più realistiche nell'aspetto e nelle movenze. Non ho visto questa serie animata quindi non posso esprimermi consapevolmente né sul contenuto né sulla forma, tuttavia basandomi sulla visione di qualche clip isolata (come quella sopra) posso affermare che il risultato a livello grafico è senza alcun dubbio notevole, e personalmente apprezzo molto questo tipo di animazione più sperimentale e lontano dai canoni. E' vero, i personaggi appaiono più "brutti e deformi" rispetto alle loro controparti cartacee e comprendo perfettamente le motivazioni (per non dire il disgusto) di chi avrebbe voluto qualcosa di più classico, ma si tratta di una precisa scelta tecnica dello studio Zexcs ed essendo abituato allo stile di registi come Masaaki Yuasa non mi dà alcun fastidio, anzi. Di più su questa versione animata non riesco a dirvi, dubito che mai avrò il tempo di vederla tutta visto quanti arretrati anime ho in sospeso, e anche il fatto di conoscere già la storia non è un incentivo, magari proverò uno o due episodi giusto per curiosità. Nonostante ciò, nel caso vogliate approcciarvi all'opera, mi sento comunque di consigliarvi senza alcuna remora il manga per il semplice motivo che la serie animata è incompleta e non adatta tutti i volumi.

Alcuni frames dell'anime che illustrano bene le sue peculiarità a livello artistico

Per concludere questa lunga recensione, I fiori del male è un'opera notevole, uno shōnen psicologico superiore alla media che come profondità e contenuti non ha nulla da invidiare a un seinen coi fiocchi, un manga controverso e provocatorio che rientra nella categoria di quelli che o si amano o si odiano (il sottoscritto, se non s'è capito, lo ha amato) e che raccomando caldamente a tutti gli appassionati del medium, sempre che la Planet vi permetta di collezionarlo ^^' Potreste apprezzarlo come l'ho apprezzato io, o altrettanto probabilmente potreste schifarlo come molti altri, ma a mio modesto parere è una lettura imprescindibile ad opera di uno dei più validi autori di manga in circolazione, e vale sicuramente un tentativo.

Voto al manga: 9/10


Concludo questo post citando due link:
Il primo è la parte iniziale (su tre totali, trovate il link alle altre due su quel sito) di un'ottima analisi del manga, molto completa e approfondita, su un blog che ho scoperto di recente e pieno di articoli interessanti sul mondo del fumetto. Praticamente quella che avrei voluto fare io. Il secondo è un altro bell'approfondimento dello stile, dei temi e della poetica dell'autore ad opera di Tom Fischer di Comicsverse (è in lingua inglese). Sono molto validi quindi dateci un'occhiata! 😉



SPOILER DELLA PROSSIMA RECENSIONE APPROFONDITA


sabato 11 agosto 2018

[Yabba Dabba Doo!] The Flintstones

Come antipasto in attesa del post su I fiori del male di Shuzo Oshimi, che necessita solo di qualche ulteriore rifinitura (balle: non ho ancora iniziato a scriverlo 😐) e che verrà pubblicato per l'inizio della prossima settimana, voglio parlarvi brevemente, per la prima volta su questo blog visto che si tratta di un fumetto americano, di una delle letture più sorprendenti e riuscite di questo 2018, anzi non esagero se dico degli ultimi anni: sto parlando del fumetto The Flintstones pubblicato dalla DC Comics a cavallo fra 2016 e 2017.

Ebbene si, esiste un fumetto dedicato ai mitici antenati pubblicato dalla stessa casa editrice di BatmanSupermanWonder Woman e compagnia bella. Non solo: come alcuni di voi sapranno già o avranno notato nella parte alta della cover del primo volume italiano (pubblicato dalla Lion Comics lo scorso 19 maggio) questa inaspettata versione fa parte di un intero universo che l'editore ha inaugurato a inizio 2016 e dedicato ai personaggi tratti dai cartoni animati prodotti dalla celebre casa Hanna-Barbera. Sono state realizzate infatti serie a fumetti aventi come protagonisti Scooby DooWacky Races e Future Quest che si contraddistinguono tutte per il loro taglio più adulto e contemporaneo rispetto al target dichiaratamente infantile delle relative serie animate, che hanno segnato un'intera generazione (e forse anche di più).

Non fa eccezione anche quella dedicata alle disavventure dei mitici Fred, Wilma, Barney e Betty nella città di Bedrock. Miniserie di 12 numeri (raccolta in due volumi) scritta da Mark Russell e disegnata da Steve Pugh, questa nuova incarnazione de I Flintstones si caratterizza per la fortissima carica satirica che si rivela essere la carta vincente del fumetto. Anche nella serie animata originale (che immagino conosciate e abbiate visto tutti almeno una volta) questa componente era presente, ma si trattava di una satira bonaria, innocua e priva di enfasi, adatta al target bambinesco del cartone e che aveva come unico scopo quello di definire i tratti del setting in cui era ambientata, una società preistorica con tutte le caratteristiche, i pregi e i difetti di quella contemporanea. In questa versione cartacea, visto il pubblico più adulto e l'assenza di qualsiasi limitazione e censura, si va ben oltre: quello che rende il fumetto di cui vi sto parlando un piccolo capolavoro nel suo genere è, come già anticipato, la satira sociale meravigliosamente scritta da Russell e magistralmente rappresentata da Pugh.


Ho iniziato a sentir parlare di questo fumetto sul finire del 2016, quando i pareri entusiastici provenienti dalla critica e dai lettori americani sono giunti nel nostro paese, pareri che mi hanno fatto superare lo scetticismo iniziale (che un po' tutti hanno avuto, mi sa) e che mi hanno convinto a dare una possibilità alla serie quando questa sarebbe giunta in Italia un anno e mezzo più tardi. Terminata la lettura del primo volume, avevo un sorriso da ebete stampato sul volto e mi sono subito reso conto che ogni mia più rosea aspettativa era stata superata.

La struttura è a episodi, ed ogni capitolo costituisce una storia completamente separata dalle altre (se non per qualche vago riferimento) nella quale Fred e combriccola si ritroveranno ad avere a che fare con i dilemmi e le difficoltà della vita quotidiana nella città di Bedrock. Ciascun capitolo è dedicato all'approfondimento e alla critica di un particolare tema o aspetto della nostra moderna società (anzi spesso anche più di uno alla volta) contestualizzato nell'epoca preistorica in cui è ambientato, ed è proprio qui che il fumetto centra in pieno il suo bersaglio. I testi di Russell infatti sono pungenti, graffianti, incisivi, mai banali, impegnati ma scorrevolissimi, e pieni di uno humour nero (nerissimo) che sfiora il nichilismo. Si dice che la penna ferisca più della spada, e qui abbiamo una delle migliori concretizzazioni di questo detto: ogni vignetta o quasi contiene almeno una battuta a effetto su uno degli aspetti sopra citati che non solo fa esclamare al lettore "Ca**o, è proprio vero!" non appena si applica il medesimo ragionamento anche per la nostra epoca, ma che riesce sempre ad essere perfettamente inserita nella trama generale del singolo capitolo, insomma non si trova mai in quel punto tanto per, slegata da tutto il resto. Per quanto riguarda i temi trattati, in soli sei capitoli (quelli contenuti nel primo volume) ce n'è per tutti i gusti: capitalismo, consumismo, religione, matrimonio, televisione, guerra, famiglia, arte, invasioni aliene (!) ... nessuno di questi argomenti si salva dalla "mietitura" dell'affilatissima penna di Russell e alla fine di ciascun racconto i suoi valori e i suoi concetti vengono pesantemente ridimensionati e messi in discussione. In mezzo a tutta questa decostruzione delle fondamenta su cui poggia la nostra moderna società c'è spazio comunque anche per qualche messaggio positivo, di speranza, quasi sempre messo in bocca al personaggio di Fred Flinstones nelle fasi finali di ogni episodio quando si tirano le somme. Non manca anche qualche momento toccante, come ad esempio la conclusione del quinto capitolo (chi ha letto il volume capirà subito a cosa mi sto riferendo).


Ultimo ma non meno importante, il lato grafico: i disegni di Pugh sono spettacolari, ci presentano il mondo di Bedrock e dei suoi abitanti vivo ed in perfetto equilibrio tra antichità e modernità, rendono a meraviglia nelle espressioni facciali dei personaggi, e sono colorati divinamente.

Se siete alla ricerca di una lettura impegnata, arguta, stimolante, diversa dal solito, se avete voglia di riscoprire sotto una nuova luce quello che probabilmente è uno dei classici della vostra infanzia, ma anche solo se siete degli appassionati di fumetti con la A maiuscola, non posso che consigliarvi caldamente questa versione de I Flintstones made in DC Comics, non ve ne pentirete. Sperando di non dover attendere troppo per la pubblicazione italiana del secondo e ultimo volume (stiamo pur sempre parlando della Lion 😑 ) si merita il voto più alto assegnato finora su questo blog.

Voto: 9,5/10